Orso Bruno Marsicano

Storia naturale, ecologia ed etologia sull' Orso marsicano.

    Al pari di tutti gli altri Orsi bruni, anche il marsicano è di struttura grossa e robusta, il capo è massiccio con le orecchie arrotondate di dimensioni medio-piccole. Mostra una marcata variabilità individuate nel colore del mantello che di norma è marrone scuro ma può variare dal bruno-rossiccio a tonalità quasi nere. La colorazione non è comunque omogenea, con possibili zone più chiare in genere sulle spalle e sul garrese, Questa disomogeneità nella colorazione fa si che un esemplare sembra cambiare colore nel corso della giornata. Lo stesso Orso, a seconda dell'illuminazione, dell'angolo di incidenza della luce o se il pelo è asciutto o bagnato, può sembrare una volta grigio chiaro, altre bruno-rossastro, e un'altra volta ancora quasi nero.

    Molto variabili sono anche la mole e le dimensioni: i maschi solitamente raggiungono pesi tra 1 150 e i 200 kg e raramente superano i 250 kg. Le femmine pesano dagli 80 ai 150 kg. Queste differenze tuttavia non sono cosi evidenti soprattutto se l'animale si trova ad una certa distanza. Il peso, inoltre, varia soprattutto in rapporto alla stagione ed e più elevato in autunno quando gli Orsi, per prepararsi al letargo invernale, trascorrono gran parte del tempo ad alimentarsi, mentre è minimo in primavera, alla fine del letargo. Tuttavia, talvolta gli Orsi continuano adimagrire fino all'inizio dell'estate.

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    Gli Orsi non presentano caratteristiche sessuali esteriori riconoscibili a distanza. In natura quindi è quasi impossibile poter determinare con sicurezza il sesso, salvo che non si possa osservare a lungo l'esemplare a breve distanza e in buone condizioni di visibilità. I maschi sono mediamente più grossi e presentano il capo più largo e massiccio. Esistono pero grosse differenze individuali e anche questi criteri non sono sempre infallibili, a meno che non si tratti di un adulto accompagnato da piccoli e quindi, verosimilmente, femmina.

    Il periodo degli amori per l'Orso bruno, nell'Appennino, cade tra maggio e giugno. Probabilmente è in questa stagione che i maschi compiono più frequentemente lunghi spostamenti alla ricerca delle femmine, l'Orso bruno non è territoriale e le aree vitali, home range, hanno dimensioni variabili in relazione a diversi fattori ambientali. In genere l'home range è più ampio nei maschi che nelle femmine (soprattutto se accompagnate dai piccoli). Le femmine tendenzialmente non si allontanano molto dall'area vitale materna.

    Sia i maschi che le femmine possono accoppiarsi con più individui nella stessa stagione riproduttiva e una stessa cucciolata può quindi essere composta do piccoli di padri diversi. Le femmine diventano sessualmente mature a circa 3 anni, tuttavia possono accoppiarsi per la prima volta anche oltre il 50° anno d'età. In Alaska sono state osservare femmine primi­pare di 7-8 anni.

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    Dopo le primissime fasi di sviluppo, l'ovulo fecondato si arresta in uno stato di quiescenza o diapausa embrionale, La diapausa è una "strategia" evolutasi in alcune specie (martora, faina, capriolo, Orso, ecc.) presumibilmente per massimizzare il successo riproduttivo. In questo modo il periodo degli amori e la nascita dei piccoli dovrebbero cadere nei momenti più favorevoli dell'anno (in relazione alla biologia della specie), in funzione della disponibilità di risorse, dell'esposizione ai fattori climatici avversi, ed in relazione alla storia evolutiva ed al patrimonio genetico della specie.

    Di conseguenza il periodo migliore per accoppiarsi è la tarda primavera o l'inizio estate, come in effetti avviene, ma complessi processi fisiologici bloccano lo sviluppo embrionale ai primi stadi e fanno in modo che possa riprendere in autunno solo se la madre ha potuto accumulare un sufficiente strato di grasso che le consente di far fronte al letargo e ad un processo energeticamente molto dispendioso, come lo sviluppo e l'allattamento dei piccoli.

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    I piccoli (da 1 a 3) nascono nella tana di svernamento tra dicembre e gennaio. Il loro numero alla nascita e desunto indirettamente dalle osservazioni di femmine con piccoli dell'anno in primavera. Il numero medio di piccoli per femmina stimato in base a dati provenienti dal Parco Nazionale d'Abruzzo e mediamente di 2.

    Alla nascita i cuccioli pesano da 200 a 500 g e sono completamente dipendenti dalla madre, che li nutre con un latte molto ricco di grassi e sostanze nutritive. In primavera, quando abbandonano il rifugio invernale, pesano già 2-3 kg (Fig. 2, pag. 14). I piccoli rimangono con la madre per 2-3 anni durante i quali la femmina non si riproduce.

    Durante gli anni di "apprendistato" i piccoli imparano dalla madre a conoscere il territorio in cui si muovono e le sue risorse, massimizzando le possibilità di sopravvivere quando abbandoneranno l'area vitale della madre e dovranno provvedere da soli alla ricerca di cibo e di aree poco disturbate dall'uomo. Questo periodo e quindi vitale, e implica che i piccoli non debbano fare una serie di esperienze indispensabili sulla propria pelle!

    Imparano cosi come, dove e quale cibo procurarsi, come e dove svernare e sopratutto imparano a riconoscere l'uomo come un fattore di pericolo.

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    Non sono disponibili stime del tasso di sopravvivenza dei piccoli e delle femmine adulte, che è invece un fattore importante per la conservazione della specie. Inoltre non esistono dati relativi alla durata massima della vita per l'Orso bruno marsicano in libertà. Normalmente gli Orsi bruni possono superare i 20 anni d'età, ma la vita "riproduttiva" e più breve. Nell'ipotesi più ottimistica, in cui una femmina di Orso bruno inizia a riprodursi a 3 anni, e ogni 2 anni alleva 2 piccoli fino a 20 anni, e presumibile che possa dare alla luce 17 piccoli in 1 7 anni di vita riproduttiva, ipotizzando un tasso di sopravvivenza del piccoli fino alla loro età riproduttiva pari al 50-70%, tra gli 8 e i 12 piccoli avrebbero la possibilità di trasmettere i loro geni alla popolazione. In condizioni meno favorevoli anche se non pessimistiche, quali 5 anni alla prima riproduzione e un intervallo tra i parti di 3 anni, il numero totale del piccoli arrivati all'eta adulta sarebbe 5-7. Anche se rispetto ad altre specie, per esempio il cinghiale, l'Orso bruno ha un tasso di riproduzione basso, l'investimento in cure parentali prolungate ha sicuramente un effetto positivo sulla sopravvivenza dei piccoli, che lasciano l'area vitale delta madre con un bagaglio di esperienza maggiore e in uno stadio di sviluppo fisico più avanzato. Tuttavia, come abbiamo visto, il ritmo di accrescimento potenziale e molto più lento: la vulnerabilità di una popolazione che annovera un numero basso di individui (< 100) è quindi maggiore, in tempi medi e lunghi.

    Il rapporto tra i sessi in una popolazione di Orso bruno e di circa 1 a 1. Tale rapporto però è variabile in relazione al territorio. I maschi, infatti, in virtù dei maggiori spostamenti e dell'area vitale (home range) più ampia, raggiungono aree in cui le femmine non si inoltrano. Il risultato e che misurando il rapporto sessi in aree lontane da quelle a maggiore densità si troveranno quasi solo maschi. Questo dato, se non analizzato alla luce del comportamento spaziale della specie, potrebbe portare a valutazioni non realistiche.

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    Ai primi freddi, quando le risorse trofiche cominciano a scarseggiare, gli Orsi cercano un rifugio dove trascorrere l'inverno in letargo. In Abruzzo questo periodo cade solitamente tra gli inizi di dicembre e la fine di marzo. Talvolta la tana non viene scelta nell'area che l'Orso frequenta nel periodo estivo, ma ai margini delle aree frequentate abitualmente. Solitamente viene scelta una cavità nella roccia, a volte migliorata con un piccolo scavo, lungo pareti o fessure rocciose in luoghi particolarmente inaccessibili e tranquilli.

    Il letargo è una strategia messa a punto da alcune specie nel corso dell'evoluzione per sopravvivere nei mesi invernali. Quando la neve rende poco accessibili le risorse trofiche ed il freddo impone un aumento della spesa energetica per la regolazione delta temperatura corporea, gli Orsi dovrebbero spendere più energia di quanta ne otterrebbero dal poco cibo a disposizione. Il letargo e quindi una soluzione a un problema energetico. L'Orso bruno però non entra in uno stato di dormienza come quello di altre specie. Infatti, gli animali mantengono un buon livello di reattività agli stimoli esterni, quali rumori e il disturbo causato da escursionisti, cani da caccia in braccata e, sempre più frequentemente, motoslitte. Questo è un buon motivo per non avvicinarsi - tra l'autunno e la primavera - a probabili tane di svernamento, evitando quindi che vengano abbandonate e che l'Orso inizi a vagare alla ricerca di un altro rifugio, esponendosi a non pochi rischi. E anche per questo che non di rado si possono trovare, in pieno inverno, tracce e intere piste su neve.

    Può accadere che, in giornate non particolarmente fredde, l'Orso esca dalla tana, come dimostrano le piste su neve che si trovano anche in pieno inverno. In caso di scarsa copertura nevosa e - contemporaneamente - abbondanza di faggiola e ghianda, alcuni esemplari trasgrediscono al letargo in maniera molto frequente, comprese le femmine accompagnate dai piccoli di poco più di un anno. Le femmine con i piccoli, in genere, osservano un periodo di letargo più rigoroso, inoltre anticipano l'entrata in tana in autunno e posticipano l'uscita in primavera. Durante il letargo i parametri vitali degli animali, quali la respirazione, il battito cardiaco, la temperatura corporea e le funzioni fisiologiche decrescono e l'unica "riserva energetica" dell'Orso e costituita dallo strato adiposo accumulato durante l'estate e l'autunno che servirà per regolare la temperatura corporea e mantenere il metabolismo basale.

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    L'Orso bruno frequenta gli ambienti boscosi e montuosi dove cerca in relazione alla stagione, e quindi alla disponibilità, le risorse trofiche e le aree di rifugio, importanti nel periodo del letargo e dell'allevamento della prole, momenti delicati del ciclo biologico, ma anche durante la normale attività. La presenza di aree di rifugio - comprensori dove la presenza dell'uomo sia al tempo stesso scarsa, prevedibile, localizzata - e di fondamentale importanza per la permanenza della specie, come dimostrato chiaramente in molte aree in Europa, Nord America e nell'Appennino.

    L' Orso bruno è tendenzialmente solitario, e la massima attività (soprattutto in Europa) si registra al crepuscolo e durante la notte. Gli individui possono compiere anche notevoli spostamenti. Seguendo le piste su neve e utilizzando altre metodologie basate anche sul rinvenimento di marcatori colorati nelle feci, sono stati registrati nell'Appennino movimenti maggiori di 10-20 km, con punte di circa 30 km, come nel caso del radiocollare di un Orso trovato a grande distanza dal sito di cattura. I maschi solitamente hanno un'area vitale (o home range) più ampia delle femmine ed anche i loro spostamenti sono più ampi. Stime preliminari effettuate nel Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise indicano dimensioni dello home range di 40 km2 per una femmina e di 80 km2 per un maschio.

    L'uso dello spazio nell'Orso bruno e condizionato, in genere, dalla ricerca del cibo e dalla presenza di luoghi tranquilli e sicuri. Studi sulla selezione dell'habitat a diversi livelli di risoluzione effettuati in Abruzzo, hanno messo infatti in evidenza che la presenza dell'Orso e associata in maniera evidente ai boschi, alle praterie d'altitudine, alla quota ed alle aree lontane da fonti di disturbo antropico (reale o probabile). Viceversa le aree anche con forti modificazioni dell'ambiente naturale, con infrastrutture e fonti di disturbo (strade, abitazioni, ferrovie, impianti sciistici), vengono generalmente evitate.

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    Benchè appartenente all'ordine dei Carnivori (Carnivore), l'Orso ha con i un'alimentazione costituita in genere per oltre 1'80% da vegetali (frutta, piante erbacee, semi, ecc,) e per il restante 20% da alimenti di origine animale (ungulati domestici e selvatici, insetti ed altro) (Fig. 3). L' apparato gastrointestinale eperò poco differenziato e la mancanza di enzimi deputati alla digestione della cellulosa e la dentatura da carnivoro gli consentono di assimilare solo una piccolo parte dei cibi vegetali. L'Orso e quindi "costretto" ad ingerire notevoli quantità di cibo: fino a 10-15 kg di alimento al giorno per far fronte alle sue esigenze energetiche e nutrizionali. Tutto ciò comporta un notevole impiego di tempo nella ricerca degli alimenti, con un guadagno energetico relativamente basso!

    L' alimentazione varia soprattutto in relazione alla disponibilità stagionale. In primavera l'Orso appetisce i vegetali erbacei e soprattutto: Composifae (tarassaco, cicorie ecc..), Umbelliferae (angelica, panace, carota selvatica, sedano dei prati, pimpinella ecc.,), Fabaceae selvatiche e coltivate (veccia, erba medica, trifoglio ecc..) e Graminaceae selvatiche e coltivate. In estate aumenta il consumo di frutta: ciliegia, ciliegia canina, pera corvina, fragole e, da metà agosto, lamponi e soprattutto ramno. L' alimentazione estiva e integrata da insetti e carne. In autunno l'Orso, che deve accumulare grasso per il letargo, per portare a termine la gravidanza e per allattare la prole, trascorre gran parte del suo tempo ad alimentarsi (iperfagia) cercando cibi con un elevato apporto calorico. Nelle stagioni di "pasciona" (abbondante fruttificazione) del faggio, l'Orso si ciba quasi esclusivamente del frutto di quest' albero (la faggiola e molto ricca di grassi e proteine). Negli anni in cui non c'e abbondanza di faggiola l'Orso si sposta alla ricerca di ghiande, mele, pere, frutti dei sorbi e rosa selvatica.

    I casi di predazione su ungulati selvatici sono molto rari ed avvengono solo in condizioni particolari, e più probabile che l'Orso si cibi di carcasse di cervi, caprioli, camosci e cinghiali, periti per cause naturali o precedentemente abbattuti da altri carnivori (lupo, ecc). Anche equini e bovini entrano nella dieta dell'Orso generalmente come carcasse, mentre pecore e capre vengono a volte predate anche se comunque, l'impatto di cani vaganti e lupi sul bestiame (82% dei danni) e maggiore rispetto a quello dell'Orso (18%). Per quanto riguarda le proteine animali, oltre agli ungulati, un ruolo significativo e svolto dagli insetti, soprattutto imenotteri (formiche). L'Orso si ciba delle formiche e soprattutto delle loro larve cercando attivamente i formicai prevalentemente sotto sassi, anche di discrete dimensioni, che ribalta agevolmente. Di non poco conto, nell'alimentazione dell'Orso, sono anche gli alveari, dove l'animale trova importanti risorse non solo negli insetti e nelle loro larve ma anche nel miele.

<<Guida al riconoscimento degli indici di presenza dell' Orso Bruno Marsicano (Ursus arctos marsicanus)>>
- Carlo Frapporti -   frapporti@tin.it.